I pensieri di una donna scalza. Storia di una rinascita

Emanuela Castaldo è nata a Napoli il 17/04/1977 dove si laurea in Scienze Politiche internazionali. Nel 2002 consegue un Master in Comunicazione presso la Brizzi Comunicazione di Roma e lavora come addetto stampa fino al 2005 quando decide di tornare in Campania per realizzare il sogno di avere una famiglia, inconsapevole che l’uomo con il quale stava progettando la vita matrimoniale sarebbe divenuto il suo aguzzino.

Dopo sedici anni di violenza scappa di casa con i 3 figli minori , denunciando gli abusi alle forze dell’ordine e trova rifugio presso la Casa per donne gestita da Cooperativa Eva, dove resterà fino alle prime misure adottate per garantire loro la giusta libertà. È lì che nasce, come parte del percorso terapeutico richiesto nella struttura che la ospita, il suo libro diario in cui ripercorre la sua vita passata.

Si trasferisce in provincia di Salerno e da lì riparte con la sua nuova esistenza con i suoi figli e decide a dicembre di pubblicare I pensieri di una donna scalza. Da sempre appassionata di giornalismo e scrittura ha considerato la stesura di questo libro “un racconto di terapia dove pagine bianche incontrano inchiostro scrivendo quello che era troppo difficile raccontare”.

 

Salve Emanuela, benvenuta nel nostro spazio. Grazie per aver accettato la nostra intervista e soprattutto complimenti per  il coraggio dimostrato nel tuo percorso di vita e la forza che hai di raccontare la tua vicenda.

Grazie a voi per l’invito, per quanto sia difficile raccontare una storia di vita come la mia, c’è sempre la speranza di poter aiutare altre donne a non cadere in un simile burrone.

Com’è iniziata la tua storia di violenza?

Come iniziano tutte le storie di violenza dopo un fidanzamento idilliaco come è iniziato il progetto di vivere insieme e quindi di concretizzare è iniziata la violenza con i primi episodi prima schiaffi e poi arrivare ad episodi più gravi.

Che lavoro facevi?

Io ho iniziato a lavorare nel mondo della comunicazione come addetto stampa.

I tuoi colleghi, gli amici e i tuoi familiari si sono accorti di quello che succedeva in casa tua?

Avevano sentore come i vicini di casa ma io ho sempre nascosto la verità. Ho passato settimane attendendo che si toglievano i lividi.

C’è stato un giorno in cui hai avuto davvero paura per te e per i tuoi figli?

Sì, il 22 maggio 2019 quando sono scappata di casa , ho pensato che non ne sarei uscita viva.

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

Forse stare in ospedale per colpa sua  e lui con i bambini ed io senza telefono senza poter comunicare con nessuno.

Come hai conosciuto il Centro Antiviolenza?

Quando sono scappata di casa sono stata trasferita a Casa Lorena di Cooperativa Eva, una volta uscita, arrivata qui mi sono subito messa in cerca e ho trovato Associazione Frida a Cava de’ Tirreni.

Come ti sentivi?

A casa Lorena ero distrutta , non permettevo alle operatrici di entrare nel mio animo, mi sentivo una fallita ma grazie al loro sostegno sono riuscita ad aprirmi e iniziare il percorso che poi con Frida ho potuto sviscerare e riuscire a creare quella consapevolezza di cui oggi tento di trasferire alle donne che incontro nel mio piccolo.

Cos’è successo dopo la denuncia?

Come dicevo sono stata trasferita con i bambini in casa protetta e quando sono arrivati i provvedimenti siamo usciti e poi da lì abbiamo affrontato la macchina giudiziaria che è veramente massacrante per le donne soprattutto per la colpevolizzazione che gli organi statali fanno alle donne.

Com’è oggi la tua vita?

La vita di una donna libera ma con responsabilità di crescere i suoi figli in mille difficoltà.

Qual è l’errore che non rifaresti?

Ce ne sono tanti, sicuramente vorrei avere il coraggio di scappare prima ma la violenza psicologica in cui ero entrata non me lo avrebbe mai permesso.  Il vortice parte dall’ annientamento e annullamento di te stessa e un giorno sei scomparsa ma non te ne sei accorta.

Cosa consigli alle donne che si trovano in una situazione di violenza familiare?

Di parlare, di non sentirsi in colpa e chiedere aiuto facendo il 1522 o rivolgendosi a chi le può ascoltare. Direi loro di non avere paura e di farsi aiutare.

Ora parliamo della scrittrice:

Quando hai scoperto o capito che dovevi scrivere la tua storia?

Non l’ho capito io sono sincera , un giorno avevo messo il libro incompleto in un cassetto e una persona a cui sono molto legata mi ha chiesto, leggendo una cosa che avevo scritto, se avevo altro e gli ho fatto leggere il libro. La sua reazione è stata talmente emozionante che mi ha convinto a pubblicarlo. È grazie a lui che la mia storia oggi è scritta e appartiene a tutti.

Che cosa può significare oggi per te essere una scrittrice?

Mi viene da sorridere, scrittrice mi sembra troppo però sicuramente ho realizzato il sogno della vita perché mi viene naturale scrivere.

In che modo il tuo mondo interiore chiede di esprimersi e in che modo lo senti e lo attui attraverso la scrittura?

In questo libro la mia anima è divisa in due , dico sempre sono due libri fusi in uno solo. La prima parte è il racconto in casa protetta , la seconda è quella della rinascita emotiva e fisica di una donna che impara ad amarsi.

L’Italia è ancora un paese maschilista?

Sì, il patriarcato e il maschilismo in termini di mentalità sono ancora troppo presenti in ogni sfera e per le donne a volte sono difficili tanti aspetti della vita, soprattutto nel lavoro.

Che cosa si potrebbe fare per sensibilizzare le persone sulla violenza di genere?

Bisogna patire dalla scuola con educazione al sentimento e sensibilizzare, attraverso il confronto, uomini e donne sul tema perché non basta il racconto della violenza ma bisogna cambiare la mentalità.

La bellezza può ancora salvare il mondo?

Sì, bisogna guardare la bellezza di una rinascita di una donna che impara ad amarsi e avere la fortuna di incontrare chi può farti avere fiducia in te stessa e in lui in modi da scoprire che l’amore non è bruttezza ma bellezza.

Grazie Emanuela, per questa splendida e toccante testimonianza.

Grazie a voi, per avermi permesso di esprimere i miei sentimenti più profondi e di aver potuto raccontare la mia storia, nella speranza che possa essere un aiuto per altre donne in difficoltà.

Francesco Martini