I Latini affermavano mens sana in corpore sano (anima sana in corpo sano), attribuendo uguale importanza alle due realtà costitutive di ogni essere umano.
Ma da qualche tempo sembra che l’interesse dei giovani, soprattutto meridionali, sia rivolto al corpo, piuttosto che alla mente: assistiamo ad un proliferare di palestre, di negozi di attrezzi sportivi, di centri estetici, sempre rigorosamente affollati.
Che l’ antico motto abbia perduto la sua validità? Se dobbiamo prestare fede alla recente inchiesta di Bankitalia, dobbiamo affermare di sì. Infatti, emerge un dato sconcertante per noi abitanti dell’antica Magna Grecia: nel Meridione un quindicenne scolarizzato su cinque ( per l’esattezza il 22,6 % ) non è in grado di risolvere esercizi elementari come contare oggetti familiari o calcolare un cambio di moneta!
Che sia necessario, quindi, un cambiamento di rotta nel considerare la cultura? Sì, perchè oggi, soprattutto nelle classi della cosiddetta scuola dell’obbligo, basta che un ragazzo disegni ciò che pensi e ha manifestato la sua capacità comunicativa e creativa in maniera personale, ma adeguata. Adeguata a cosa? Forse, un domani per scrivere un curriculum formativo o una richiesta di lavoro gli basterà fare un disegno? O non dovrà, piuttosto, essere in grado di formulare un periodo sintatticamente corretto, usando un codice (quello linguistico!), il quale – a meno che non si disegnino delle lettere e quindi comunque si scriva – è necessario conoscere e conoscere bene?
Ed allora, prima che la barca affondi del tutto, sarebbe opportuno porre rimedio a una situazione già disastrosa, se si tiene conto che i nostri giovani – sempre secondo indagini Istat – sono forniti di un vocabolario personale, che contempla non più di 400 termini, compresi gli elementi base della lingua italiana, quali articoli e congiunzioni – tirate voi le conclusioni !
È necessario ridare valore alla cultura, importanza all’istruzione, quella vera, fatta anche di poesie imparate a memoria, di pagine di vocaboli copiati e ricopiati, di metodi ritenuti oggi giurassici, ma validi per allenare la mente, per abituarsi alla costanza, alla pazienza.
Bisogna riappropriarsi del vero sapere, ottenuto con l’applicazione, con la riflessione, con lo scoprire pian piano, autonomamente, la realtà che ci circonda.
È tempo di finirla con attività di tutti i tipi, che alla fine distolgono da un sapere, che apparirà anche più tradizionale, ma che è comunque alla base della nostra esistenza (a meno che non si voglia rivoluzionare le basi su cui fonda la nostra società: ma, fino ad ora, sembra che ciò non sia ancora avvenuto).
È assurdo insegnare a usare correttamente il computer e non educare a scrivere correttamente il testo, la lettera, l’ e-mail, che con quel computer saranno inviati. È assurdo insegnare la dizione, le pause e la recitazione, se poi ci si dimentica di conoscere le vite, le opere, il pensiero dei più grandi drammaturghi del passato.
E intanto l’interesse per la lettura e per la scrittura, la capacità di far di conto sulle dita, si affievolisco sempre di più, lasciando spazio a vuoti incolmabili, che per forza di cose vengono riempiti da altro. Che fare? Ricordare che non sempre vecchio è sinonimo di inutile e di superato e che la nostra tradizione culturale non deve essere abbandonata, in virtù di una modernità che spesso non è progresso, ma regresso.
Recuperare, quindi, quanto di positivo vi era nel vecchio modo di far scuola e di insegnare non è così sbagliato. Perché, se è vero che i tempi sono cambiati e la gioventù è diversa da quella passata, è anche vero che i ragazzi di oggi sono – come quelli di ieri – desiderosi di regole, di disciplina, di modelli, che poi saranno anche contestati, ma che rimarranno nei loro cuori ed emergeranno con il passar del tempo e in maniera costruttiva.
Francesco Martini