Vincenzo Siano: Presidente Nazionale dell’Onmic, di cui fa parte fin dal 1969, ha speso la sua vita tra la solidarietà, l’arte, la politica e l’insegnamento.
Salve Vincenzo, benvenuto nel nostro spazio. Grazie per aver accettato la nostra intervista.
Salve a tutti è un piacere essere qui con voi, vi ringrazio per l’attenzione e il tempo che mi dedicate.
Come e quando nasce l’Onmic? E quali sono i principi e i valori fondanti dell’Associazione?
L’Onmic nasce nel 1961. Dopo la guerra le opere erano appannaggio delle organizzazioni cattoliche e l’Onmic si distinse per essere un’organizzazione laica. Nasce per l’iniziativa di alcuni disabili provenienti da varie regioni per aiutare e tutelare le persone che avevano riportato menomazioni e mutilazioni durante la guerra e quanti avevano patologie anche psichiche. I valori fondanti dell’Onmic sono: la solidarietà, la condivisione, la partecipazione alla idealità comune.
Quando hai scoperto o capito che il terzo settore sarebbe stato la tua vera vocazione?
L’ho capito già nella mia adolescenza, quando mi sono formato nelle organizzazioni laiche come gli scout e nell’esperienza di vita. Ho cercato di conoscere la mia interiorità per poter meglio conoscere gli altri. Nel mio piccolo, con tutti i miei problemi e le mie difficoltà, ho sempre cercato di dare un contributo agli altri. Nei percorsi della mia vita, ogni volta che ho raggiunto una vetta, non ho mai tolto le corde alle mie spalle, per dare agli altri la possibilità di trovare un sentiero, un percorso tracciato.
Chi sono stati i tuoi maestri e quanto ha influito l’esperienza politica sulle sue scelte?
I miei maestri sono stati i grandi della storia e gli uomini della strada, le persone che incontravo quotidianamente. Dalla lettura dei loro volti ho cercato di interpretare le loro ansie e le loro aspirazioni. Loro sono stai per me stimolo: per meglio conoscermi e per meglio conoscere. Se per politica intendiamo la gestione della polis come cosa pubblica, allora devo dire da sempre. Per mia sfortuna, o fortuna, non ho avuto nessuno che mi guidasse nella gestione delle mie cose e ho dovuto imparare presto a gestirmi, di conseguenza ho capito come gestire le cose mie e degli altri, intendo come collettività. Ho sempre inteso la politica non tanto come idealità, quanto invece come superamento del bisogno: dell’individuo e della collettività.
Ti chiedo una tua definizione del concetto di Associazionismo.
L’Associazionismo è vivere insieme in armonia e nella condivisione di scopi e di idealità.
Quanto è cambiato l’associazionismo dal XX al XXI secolo?
Non è cambiato l’associazionismo, sono cambiati gli uomini. L’uomo si è impoverito, ha perso le idealità e i valori. Anzi ha innalzato il valore dell’economia e dei soldi a scapito dei veri valori della vita.
Come ha vissuto il periodo di lockdown come persona e come presidente dell’Onmic?
Come persona ho vissuto un momento di serenità e di tranquillità, ho potuto riscoprire e vivere i valori dell’intimità familiare e del riposo. Ma soprattutto il piacere del risveglio, di una giornata di pioggia e il giorno dopo, di una giornata di sole. Come operatore del sociale ho cercato di continuare ad aiutare gli altri, soprattutto in questo momento di estrema difficoltà.
Che ripercussioni sta avendo la pandemia sul terzo settore?
I furbi ci sono sempre stati e ci saranno sempre. In questo periodo, come in tanti altri, ci sono sempre le grandi speculazioni, anche nel terzo settore. Chi era predisposto ad aiutare, aiutava, aiuta e aiuterà sempre, poi ci sono i furbi che colgono questa occasione. Come dire che in ogni guerra c’è sempre chi muore, chi si impoverisce e chi si arricchisce.
Quale può essere la ricetta giusta per ripartire?
SI riparte quando c’è stato un fermo; ma non c’è stato alcun fermo. Abbiamo continuato a lavorare ininterrottamente. Più che ripartire dobbiamo riscoprire, andare alla ricerca e alla riscoperta della nostra interiorità.
Quali prospettive vede per il futuro? E quale sarà il ruolo del terzo settore?
Il Terzo Settore non è una realtà a sé stante, ma uno dei settori economici e produttivi. Le sue prospettive sono come quelle degli altri settori. Siamo noi addetti che dobbiamo riscoprire i veri valori della vita, essere proiettati più alle idealità e meno all’affarismo. Esistono molte organizzazioni sulla carta e ci sono ancora tanti furbi; mi auguro che questa sia l’occasione per operare un repulisti e verificare realmente chi opera nel sociale e chi opera attraverso il sociale per perseguire i propri interessi.
Gli italiani sono ancora un popolo solidale?
L’Italia non è mai stata solidale; quale Italia? Noi abbiamo tante realtà perché il popolo italiano non si è mai formato: è stato il gioco di pochi e la speculazione di pochissimi. La solidarietà non appartiene ai popoli, appartiene all’individuo.
Che cosa si potrebbe fare per appassionare le persone al volontariato?
Privarle di tutto ciò che è superfluo e farle ritornare alle origini. Dar loro un pezzo di terra per fargliene sentire la forza e il profumo. Della terra, o del mare, dipende dalle circostanze.
La solidarietà potrà salvare il mondo?
Una domanda all’apparenza semplice, alla quale si può rispondere in modo banale oppure in modo molto profondo. Non è la solidarietà che salverà il mondo, saranno la cultura e la conoscenza dei propri limiti; ma soprattutto la prospettiva, il saper guardare oltre e aspettare il nuovo giorno.
Grazie Vincenzo, per la tua cordialità e per il lavoro che ancora svolgi per la comunità e per la nostra Associazione. Sei un grande esempio per tutti noi.
Grazie a voi, è stato un immenso piacere, spero di continuare a servire il prossimo finché avrò la forza per farlo.
Francesco Martini