Da Bergamo a #GiffoniAUnMetroDaTe: Giorgio Gori racconta una città ferita ma pronta alla rinascita

Il mio fare è mosso dalla condivisione di questo sentimento di sofferenza 

e, allo stesso tempo, resistenza che i bergamaschi stanno dimostrando. Dagli occhi di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, traspare coraggio e fierezza. Una forza instancabile resa viva dagli sforzi di un’intera comunità ferita (ma non per questo schiacciata) da un’epidemia che tutto ha cambiato in poche settimane. Continuano le iniziative di #GiffoniAUnMetroDaTe e questa volta il talk apre le porte tra due mondi uniti dalla stessa voglia di ricostruire.

L’abbraccio virtuale del direttore Claudio Gubitosi, arriva diritto al cuore del primo cittadino: Non vi nascondo che in questo momento sono emozionatissimo – dice – Giorgio è un uomo di una qualità e gentilezza unica, un combattente che sta difendendo la sua città. Oggi mi ha dato questa opportunità in un momento in cui il tempo è preziosissimo. Nessun contenitore potrebbe trattenere l’affetto che proviamo per te.

Un sentimento ricambiato, lo si vede dal sorriso che il sindaco di Bergamo porge in risposta con un calore che continua a essere fonte di speranza, anche da lontano, anche in questi giorni. Non avrei mai pensato di essere testimone di così tanto dolore – spiega Gori – la ferita aperta, tuttavia, ha mostrato anche le grandi qualità della nostra Bergamo. Una città capace di resistere, di stringere i denti, di dare solidarietà a chi ha più bisogno, famosa per essere la città dei mille: da qui partirono quei ragazzi in camicia rossa al seguito di Garibaldi. Oggi è la città dei mille volontari. Ragazzi organizzati in squadre che, ogni giorno, portano spesa e medicinali alle persone sole. Questa è l’altra faccia di un dramma che tira fuori i valori più intensi.

Un richiamo alla fierezza di essere umani partendo dalle debolezze, porgendo l’attenzione non su noi stessi ma sugli altri, su quel dolore che è diventato comune anche se non è segnato direttamente da legami. 

Una delle cose più tristi di queste settimane è che i cimiteri sono chiusi – continua il primo cittadino – le migliaia di persone che sono decedute non hanno avuto la possibilità di avere un funerale. Alle famiglie è stato negato, per ovvie ragioni, il conforto di salutare i propri cari. A me e al vescovo Francesco Peschi è sembrato il minimo onorare tutti quelli che erano scomparsi. Tornavano dalla cremazione in altre città, quel giorno, 118 urne contenenti le ceneri di nostri concittadini. Tornavano da altre città perché abbiamo dovuto chiedere aiuto agli impianti di cremazione dei comuni vicini. Ho dovuto chiamare personalmente i sindaci che ci hanno compreso, dimostrando vicinanza e capendo perfettamente quello che stiamo attraversando. Solo ieri 60 salme sono state accolte al cimitero di Firenze. I camion dell’esercito a questo sono serviti, a trasportare questi feretri altrove. Nella chiesa di Ognissanti c’era una situazione che non dimenticherò mai: 94 bare allineate a cui il vescovo ha voluto donare, una a una, la sua benedizione.

Un dolore devastante: il corteo di camion che scortano fuori da Bergamo i feretri resterà forse nella memoria collettiva per molto tempo, eppure in tutta questa sofferenza non smette di nascere la speranza.

Si sono spontaneamente fatti vivi amici che non sentivo da molto, anche tu Claudio sono anni che non ti vedo in faccia, ti ricordavo con i baffi ora non ce li hai più – stempera Gori con un sorriso – quando mi chiedono Come fai a resistere? A sopportare tutto questo? mi sembra facile poter rispondere che la forza mi viene dai tantissimi gesti di affetto e sostegno che, di ora in ora, si moltiplicano. Nella tragedia di una comunità è un segno che mi piace raccontare.

E ora com’è la situazione? gli chiede Gubitosi. Per quanto riguarda gli ospedali migliore – risponde il sindaco – è stata così enorme l’onda del contagio e la necessità di cura che si è palesata da mandare in tilt le nostre strutture. Molti medici si sono ammalati a loro volta e questa situazione così drammatica ci ha portato a chiedere aiuto ad altre città, in diverse regioni o paesi d’Europa. Oggi quel momento così critico che ha lasciato fuori dagli ospedali, a morire nelle loro case, tante persone anziane è sensibilmente migliorato. Il che non vuol dire che non continui a crescere la curva dei contagi e dei morti. Da qui a dire che ne usciremo presto ne passa molto.

Ma un ‘dopo’ si intravede e come: Bergamo – continua Gori –  credo sia la provincia del mondo dove c’è stata la maggior concentrazione di contagio e anche la prima che si candida a ripartire. Spero ci sia la possibilità di riprendere presto perché c’è la voglia di rimettersi in gioco. Siamo un popolo di lavoratori e siamo determinati a ricostruire quello che in poche settimane è andato distrutto.

Poi l’abbraccio a Giffoni, più stretto che mai: Voglio ringraziarti Claudio per questo momento in cui ci siamo ritrovati – dice commosso – anche se non si è mai interrotto l’affetto che ci lega. Io stesso mi sento un giffoner: il ricordo di quando sono stato lì è ancora vivo. Mi farebbe piacere tornare lì, in tutta sicurezza, a portare la riconoscenza della mia Bergamo.

Scarica il video: https://vimeo.com/405381773