Quanti di noi non sono stati almeno per una volta ammaliati dall’incanto di una fiaba!
Ciò che appassiona e cattura l’attenzione di grandi e piccini, ascoltando la lettura di una fiaba, è lasciarsi trasportare nel mondo incantato descritto, conoscere i personaggi più da vicino, quasi condividendo le loro avventure e aiutandoli a superare le avversità o a sconfiggere la strega cattiva, o il drago malvagio, fino alla conquista del lieto fine.
Tradizione orale e racconti popolari
La fiaba si è diffusa nel tempo, attraverso i racconti popolari, portando con sé elementi storici, geografici, sociologici, antropologici e psicologici, in quanto appartenente alla tradizione dei racconti popolari, che venivano tramandati attraverso la tradizione orale, caratteristica peculiare che consentiva al racconto, come direbbe Umberto Eco, “di adattarsi in maniera più duttile alla morale e alle condizioni di vita in continuo mutamento di un paese”. E infatti le fiabe della tradizione orale narrano e descrivono per lo più la vita della povera gente, le sue credenze, le sue paure, il suo modo di immaginare i re e i potenti e non erano considerate solo racconti per bambini, ma rappresentavano un momento divertente e di condivisione anche per gli adulti. Raccontare le fiabe ha rappresentato fin dal ‘600 occasione di riunione familiare e sociale. Le fiabe venivano raccolte dalla viva voce dei narratori popolari e trascritte in raccolte come “Lo Cunto de li cunti” di Giambattista Basile, che conteneva ben 50 fiabe della tradizione orale narrate in dialetto napoletano, tra cui ricordiamo la “Gatta Cenerentola”, che poi ispirò la versione più moderna di “Cenerentola” attraverso la penna di Charles Perrault, poi dei fratelli Grimm ed infine di Walt Disney.
Le fiabe raccontano, dunque, le nostre tradizioni più antiche, riportandoci alle origini, a sentimenti genuini e reali, permettendoci di conoscere e riconoscere l’universo emozionale che ci contraddistingue ed è per questo che rappresentano un passaggio emotivo indispensabile per la crescita del bambino. La fiaba è, infatti, anche riconosciuta come strumento educativo molto efficace, in quanto aiuta il bambino a scoprire il proprio mondo interiore ed emotivo, avvalendosi di una forma giocosa, accompagnandolo verso la comprensione di sentimenti, a volte anche molto complessi. Non a caso tutte le fiabe della tradizione orale napoletana trascritte da Basile, si concludono con una massima proverbiale che vuole essere insegnamento di vita e richiamo culturale che si traspone in comportamenti socialmente accettabili.
Lo sviluppo della creatività e il diritto al gioco sono sanciti dall’ONU
Il bambino tende a riconoscersi ed identificarsi nei protagonisti dei racconti, entrando in contatto con le diverse emozioni sperimentate, imparando a riconoscerle, a nominarle e quindi ad esprimerle. La fiaba parla al bambino attraverso la voce del genitore, utilizzando un linguaggio a lui molto familiare: il pensiero magico, tipico della sua organizzazione mentale e dei suoi scambi relazionali con la realtà sociale che vive. Attraverso la fiaba il bambino amplifica e sviluppa la creatività, l’immaginazione e la flessibilità mentale; dunque accresce il proprio intelletto giocando e divertendosi.
Il diritto al gioco per tutti i bambini è sancito dai due commi dell’articolo 31 della Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia, che riconosce al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica. Il gioco è un momento fondamentale per lo sviluppo del bambino, che, giocando, impara come funziona il mondo, a relazionarsi con gli altri, ad usare l’ingegno e ad impegnarsi per risolvere piccoli problemi. Educare i bambini significa dar loro la possibilità di studiare, così che possano costruirsi un futuro migliore, ma anche riconoscere la sacralità del diritto al gioco. Dovere dei genitori è garantire ai propri figli una crescita sana attraverso momenti ludici e di cura per l’apprendimento non solo scolastico, ma anche emotivo e relazionale, vivendo la condivisione di spazi familiari e sociali dedicati al racconto e alla scoperta di se stessi.
Leggere una favola ai propri figli
Secondo Bettelheim il compito più difficile di un genitore è quello di “aiutare il proprio figlio a trovare un significato alla propria vita”; nulla di più importante della presenza dei genitori che si prendono cura del bambino, “anche sedendosi accanto a loro per raccontare una favola, quella che loro desiderano ascoltare di continuo, oppure creata al momento dalla fantasia del genitore e dalla curiosità del bambino che partecipa alla storia come se ne fosse il protagonista, definendo i ruoli e determinandone l’esito”.
E infatti, perché una storia riesca realmente a catturare l’attenzione del bambino deve divertirlo e suscitare la sua curiosità e, stimolando la sua immaginazione, arricchisce la sua vita aiutandolo a sviluppare il suo intelletto, a comprendere il groviglio di emozioni che a volte confuse lo attanaglia, permettendogli di ritrovare una armonia con le sue ansie e le sue aspirazioni, riconoscendo le difficoltà e imparando a trovare soluzioni costruttive, e quindi a sviluppare una positiva capacità di problem solving.
Carmen Dello Iacono