Abbiamo raggiunto Chef Ruffi, vero e proprio fenomeno social, per un’intervista: conosciamo il suo pensiero dalla sua viva voce.
Spuntato quasi dal nulla, un uomo senza volto, con i guanti blu, la parlata irruenta e ininterrotta fa il pieno di like… e di critiche sui social, ma i suoi video sono visualizzati ogni giorno da oltre centomila utenti di facebook: genio o impostore? È quello che molti si domandano… una cosa è certa, Chef Ruffi utilizza magistralmente l’effetto di contrasto e il sentimento del contrario; piarandellianamente è davvero un fine umorista e quindi un uomo di grande intelligenza. Ma è anche una persona gentile e disponibile, direi alla mano e anche di grande simpatia. Lo abbiamo raggiunto, non a caso utilizzando messenger e immediatamente ha dato la sua disponibilità, dicendosi onorato e ringraziandoci per l’interessamento. È stato lui il primo a passare dal lei al tu, creando un tono rilassato, quasi confidenziale, che ha reso tutto facile e piacevole. Poche domande, nel segno di quella semplicità e quella praticità che contraddistinguono le sue ricette, sicuramente sopra le righe e per questo poco gradite ai palati fini, ma a guardar bene frutto di fusioni (molti sono convinti che lavori all’estero) e di aggiustamenti che velocizzano e (a)malgamano, come una “versatile” spruzzata di panna su una carbonara al microonde. Ma veniamo al Ruffi pensiero, direttamente espresso dalla sua viva voce.
Come nasce la tua passione per la cucina?
Si tratta di una passione quasi innata, mia madre mi diceva che già dall’età di due anni creavo piccole magie con i biscotti plasmon.
Quali sono i tuoi modelli?
Sono pochi e tutti italiani: Bottura, Cannavacciuolo (soprattutto per come parla) e ultimamente ho scoperto Vinciguerra, che trovo mi somigli per il modo di fare e per l’interpretazione dei piatti.
Si può dire che le tue ricette rendono fast ciò che normalmente sarebbe slow food?
Lo slow food non esiste; lo si faceva prima perché le donne non lavoravano, stavano a casa e cucinavano; il pomodoro lo facevano bollire tante ore, ma perché? Tutto era diverso, i fuochi non erano come quelli di oggi, i coperchi non esistevano, dipende tutto da come lo vuoi fare.
Ti consideri un fenomeno dei social network? E perché?
No, non mi reputo fenomeno di niente; io cucino e basta, mi diverto e faccio ciò che amo. Non mi ritengo né un fenomeno del web, né un fenomeno della cucina, però qualche volta mi accorgo di avere qualcosa di speciale.
Molti criticano il tuo modo di cucinare, cosa rispondi ai tuoi detrattori?
Molti mi criticano perché sono gelosi, questo è il motivo principale per cui la gente mi critica; l’ho detto anche nell’altra intervista, quella al Gambero Rosso: “Io mi sento come un libro aperto circondato da ignoranti, da gente che non sa leggere, tutto qui”.
Che cosa vorresti dire a quegli chef che impiegano una vita per preparare un piatto che alla fine sembra più un quadro che una pietanza?
Non critico gli altri chef, famosi e non, io non sono nessuno per criticare, , critico me e guardo me.
Aspettiamo di vedere il tuo volto, magari in TV, perché non vuoi svelarti?
Se avessi voluto andare in televisione ci sarei già andato, ho già ricevuto molte proposte. L’ho già detto e lo ripeto, mi copro perché non mi piace essere famoso, non mi piace essere riconosciuto o che la gente mi assalga e mi chieda autografi. Quando viaggio sono semplice, io e la mia famiglia senza troppa pubblicità.
Scriverai mai un tuo libro di ricette?
Un libro sì, ho già cominciato a scrivere qualche pagina, ma più che un libro di ricette un libro di consigli; la cucina è semplice… se la fai semplice; le ricette ormai sono passate ormai si danno i consigli, non esiste più solo una cucina.
Concludo ringraziandoti per la disponibilità e facendoti i complimenti per la tua schiettezza.
Grazie per queste domande, voglio bene a tutti voi, Chef Ruffi.
Francesco Martini