DaD no DaD: come sarà la scuola del futuro?

Negli ultimi tempi anche per il periodo storico emergenziale che stiamo vivendo, le piattaforme digitali

sono sempre più utilizzate a tutti livelli della didattica. In poco tempo ci siamo ritrovati dalle aule scolastiche ed universitarie, alle stanze di casa nostra, davanti a monitor con i quali molto spesso risulta difficile l’interazione. La didattica in presenza, infatti, non è solo istruzione ma è soprattutto contatto sociale che ci aiuta ad ingrandire sempre di più il nostro bagaglio di esperienze e ad integrarci nella società, diventando cittadini e cittadine più consapevoli.

La didattica a distanza, che ormai tutti ci siamo abituati a chiamare DAD, ha un limite: non è per tutti.

Con la DAD, infatti, gli studenti vengono classificati come di serie A e di serie B. La prima categoria non ha particolari problemi, almeno per quanto riguardo l’accesso a questa didattica, ma la seconda presenta serie difficoltà a causa di una condizione di vita già sfavorevole e precaria. È vero che si è cercato di aiutare questi ultimi, ma, nonostante ciò, le differenze sono ancora lampanti e purtroppo produrranno effetti a lungo termine.

A questo si aggiunge spesso un malessere generale psicofisico della quasi totalità degli studenti, proprio per la mancata socialità che il mezzo informatico comporta, questo aspetto non è da sottovalutare per le conseguenze che potrebbe produrre nella società del futuro, soprattutto perché un bambino o un ragazzo meno incentivato a studiare può sviluppare un deficit nell’apprendimento.

Di questo passo, in un futuro prossimo, potremmo trovarci di fronte ad una società che sa di meno e conseguentemente rende meno.

Un bambino di sei anni, ad esempio, oggi imparerà a leggere un testo meno volentieri rispetto a un bambino di sei anni, di due anni fa.

Se poi a questa situazione si aggiungono problematiche socioeconomiche familiari svantaggiate, il gap formativo sarà ancora più evidente.

È per tali motivi che se in un prossimo futuro si parlerà ancora di DAD e si vorrà rendere definitiva, anche solo parzialmente questa modalità, bisognerà risolvere questi problemi.

Oggi c’è un vero e proprio dibattito su questo sistema di apprendimento, in quanto il mondo della scuola è diviso tra “SÌ DAD” e “NO DAD”.

I due gruppi si sono spesso scontrati via social e non, adducendo svariate argomentazioni contrarie o favorevoli. Di certo la situazione sanitaria comporta momentaneamente decisioni severe che riguardano il mondo dell’istruzione, però ad emergenza finita, il dibattito diventerà ancora più dirimente, soprattutto per coloro che vorranno mantenere queste nuove tecniche di formazione e coloro che sostengono l’utilizzo dei dispositivi elettronici soltanto per diletto e non per l’apprendimento.

Entrambi le parti hanno motivazioni diverse alla base del loro parere in merito:

I “SÌ DAD” sono convinti che questa sia l’unica alternativa possibile data la situazione epidemiologica e una parte di loro crede possa essere vantaggiosa anche per il futuro. La DAD, infatti, permette di frequentare anche scuole e università lontane che sarebbero difficili da raggiungere quotidianamente. Inoltre, sostenendo questo approccio si potrebbero anche ridurre i costi soprattutto universitari, in quanto si annullerebbero le spese di trasporto per le famiglie e anche le spese di organizzazione delle lezioni per le università, provocando una diminuzione delle tasse annuali.

I “NO DAD” invece sostengono l’esatto opposto: la didattica in presenza non può essere posta in secondo piano ma deve essere la via principale da percorrere, perché è la fonte essenziale di esperienza per i bambini e i giovani di oggi. La DAD inoltre diventa difficile per chi non possiede i mezzi elettronici adatti o chi vive in spazi ristretti che il più delle volte deve condividere con altri familiari.

Anche le istituzioni sono divise e lo saranno presumibilmente anche in futuro, ma una cosa è certa: la scelta che si farà deve essere la migliore per assicurare non solo un buon livello di apprendimento ma anche una condizione più favorevole per gli studenti e le studentesse italiane.

In un futuro prossimo si potrebbe pensare una didattica mista per venire incontro a tutte le volontà e arricchire poi questa forma di didattica anche con interventi di personalità che non avrebbero potuto, per la distanza, contribuire alla formazione degli studenti. Si potrebbe anche pensare a spazi comuni dedicati esclusivamente ai ragazzi nelle singole città per rendere una modalità di solito caratterizzata dalla lontananza, maggiormente inclusiva e più stimolante.

Prima o poi, usciremo da questa situazione e le istituzioni dovranno dare delle risposte certe e prendere decisioni definitive sul futuro dei tanti giovani studenti in Italia e non solo per quelli di seria A, ma di tutti.

Stella Di Candido