Bud Spencer (al secolo Carlo Pedersoli) nasce a Napoli in una famiglia benestante (il padre era un uomo d’affari) nel quartiere Santa Lucia,
in particolare, come ricorderà più volte, nello stesso palazzo dello scrittore Luciano De Crescenzo con cui nel 1935 inizia a frequentare le scuole elementari nella sua città. Si appassiona da subito al nuoto, per il quale dimostra una grande predisposizione, vincendo alcuni premi.
Nel 1940, Carlo lascia Napoli insieme alla famiglia e si trasferisce a Roma, dove inizia le scuole superiori ed entra a far parte di un club di nuoto. Conclusi gli studi con il massimo dei voti, non ancora diciassettenne, si iscrive all’Università di Roma, dove studia chimica.
Nel 1947 la famiglia si trasferisce nuovamente, questa volta in Sud America e Carlo abbandona gli studi. Inizia a svolgere modesti lavori; a Rio de Janeiro lavora ad una catena di montaggio, a Buenos Aires come bibliotecario e in Uruguay diventa segretario dell’ambasciata italiana.
Tornato in patria negli anni ’40, diventa campione italiano di nuoto a rana. Verso l’inizio degli anni ’50 i successi continuano: si aggiudica un nuovo titolo italiano, questa volta nei cento metri stile libero, entrando nella storia per essere il primo italiano ad infrangere la barriera del minuto e mantenendo tale titolo fino alla fine della carriera. Nel frattempo riprende gli studi all’Università di Roma, alla facoltà di Giurisprudenza e contemporaneamente gareggia per i colori italiani alle Olimpiadi di Helsinki 1952, sia come membro del team di nuoto che di quello di pallanuoto. Partecipa quattro anni dopo alle successive Olimpiadi di Melbourne 1956, dove riesce ad ottenere un buon undicesimo posto. Conseguita la Laurea in legge, ritorna in Sud America, dove lavora alle dipendenze di un’impresa americana impegnata nella costruzione di una strada di collegamento tra Panama a Buenos Aires, per poi passare alle dipendenze di una ditta automobilistica di Caracas, dove lavora fino al 1960, anno in cui partecipa alle Olimpiadi di Roma 1960.
Il suo esordio cinematografico, quasi casuale, avviene negli anni ’50 nella grande produzione hollywoodiana Quo Vadis?, in cui impersonava una guardia dell’impero romano. Nel 1960 sposa Maria Amato figlia di un grande produttore cinematografico, ma inizialmente Carlo non sembra interessato al grande schermo e firma un contratto con l’etichetta musicale RCA, scrivendo i testi per popolari cantanti italiani e anche qualche colonna sonora. L’anno seguente viene alla luce Giuseppe, il primo figlio, al quale segue nel 1962 Christiana. Nel 1964 il suo contratto con la RCA scade e il suocero muore. La situazione porta Carlo a buttarsi in affari diversi, diventando un produttore di documentari per la RAI.
Nel 1967 Giuseppe Colizzi, un vecchio amico, gli offre un ruolo in un film che Carlo accetta dopo qualche esitazione. Sul set conosce il suo partner di lavoro, un altro giovane attore con al suo attivo varie pellicole, ma sconosciuto al grande pubblico, Mario Girotti, il futuro inseparabile compagno, meglio noto come Terence Hill. Il film Dio perdona… io no! è la prima pellicola della coppia, diventata poi nel tempo inossidabile per questo genere di produzioni. Le due star nelle presentazioni in locandina decidono di cambiare i propri nomi, considerati troppo italiani, per fare colpo a livello internazionale e per rendere più credibili le opere ed i personaggi interpretati.
Carlo Pedersoli e Mario Girotti inventano i loro pseudonimi che li renderanno celebri, ovvero Bud Spencer e Terence Hill. Lo pseudonimo Bud Spencer era stato scelto per essere utilizzato nell’unica interpretazione prevista da Carlo Pedersoli: Dio perdona… io no!. Egli era un nuotatore affermato e famoso e non voleva utilizzare lo stesso nome anche nel mondo del cinema. Scelse così uno pseudonimo, traendo il cognome Spencer da Spencer Tracy, del quale Carlo era un grande ammiratore e il nome Bud dalla sua marca di birra preferita, la Budweiser.
Nel 1970 la coppia gira lo spaghetti-western Lo chiamavano Trinità, per la regia di E.B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni), un vero e proprio cult che ha riscosso un grandissimo successo in tutta Europa. L’anno seguente arriva la consacrazione definitiva con il sequel Continuavano a chiamarlo Trinità, sempre con la regia di E.B. Clucher, che riesce a replicare il successo al botteghino in tutta Europa, elevando Bud e Terence al rango di star cinematografiche internazionali.
Il resto è un cammino trionfale che traccia un genere tutto italiano definito “sorrisi e cazzotti”, che conta titoli di grande successo come Più forte ragazzi, Altrimenti ci arrabbiamo!, Porgi l’altra guancia, I due superpiedi quasi piatti Pari e dispari, Io sto con gli ippopotami, che si piazzano immancabilmente ai primi posti dei film più visti nelle sale cinematografiche italiane. Nel 1979 Bud riceve il premio Jupiter come star più popolare in Germania e l’anno seguente torna al genere western dieci anni dopo l’ultima esperienza, con la pellicola Occhio alla penna.
Dopo molte proficue esperienze da grande solista come Il soldato di ventura (nei panni di un tragicomico Ettore Fieramosca), la saga di Piedone ed i fortunati serial Big man ed Extralarge (per il piccolo schermo), nel 1994 Bud ritrova il suo amico di sempre sul set di Botte di Natale, diretto dallo stesso Terence Hill, un altro grande spaghetti western che però riceve un’accoglienza tiepida. Negli ultimi anni Bud ha dimostrato le sue qualità di attore drammatico dedicandosi anche a film impegnati, come per esempio in Cantando dietro i paraventi (2003) di Ermanno Olmi.
Negli ultimi anni della sua avventurosa vita Bud Spencer si è occupato di moltissime cose com’è sempre stato nella sua natura eclettica: alcune cronache riportano che si sia dato anche all’arredamento; è poi nota la sua candidatura alle elezioni regionali del Lazio nel 2005 con risultati che non lo hanno visto vincitore, ma che hanno sicuramente mostrato come fosse ancora un personaggio molto amato dalla gente.
Bud Spencer è morto il 27 giugno 2016 all’età di 86 anni nella sua abitazione romana a causa di complicazioni derivate da una caduta in casa. La sua morte è stata annunciata dal figlio Giuseppe così: Papà è volato via serenamente alle 18:15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata “grazie”».
“Non temo la morte. Dalla vita non ne esci vivo, disse qualcuno: siamo tutti destinati a morire. Da cattolico, provo curiosità, piuttosto: la curiosità di sbirciare oltre, come il ragazzino che smonta il giocattolo per vedere come funziona. Naturalmente è una curiosità che non ho alcuna fretta di soddisfare, ma non vivo nell’attesa e nel timore. C’è una mia canzone che racchiude bene la mia filosofia: Futtetenne, ovvero fregatene. E ridici su”.
Francesco Martini