La generazione Z comprende i nati tra il 1995 e oggi, i cosiddetti post-millennials.
Anche per questa generazione, ultima in termini cronologici, gli studi sociologici non sono avari di etichette. Homeland Generation, ovvero una generazione destinata a restare a casa, Generazione Alpha, a sottolineare l’inizio di un nuovo millennio. Un’altra definizione è iGeneration (in breve iGen) per sottolineare il fatto che siano Nativi Digitali, ovvero nati nell’era hi-tech e in ambienti 2.0. Sono stati definiti anche Linksters, per sottolineare che il loro mondo è sempre stato caratterizzato dall’esistenza di Internet. Tante diverse definizioni dunque, tutte però complementari, ognuna infatti sottolinea la medesima caratteristica: la presenza e l’uso delle tecnologie.
Per capire la generazione Z occorre ragionare prima di tutto per continuità e opposizione con la generazione precedente: la generazione Y. In questo studio comparativo poco conta l’intervallo temporale, occorre piuttosto ragionare sulla portata degli eventi che hanno contraddistinto il passaggio dagli anni Ottanta al Duemila. Ci riferiamo all’ultimo ventennio del “Secolo breve“ (Eric Hobsbawm), che proprio dopo il 1980 ha subito una tale accelerazione da diventare addirittura “Brevissimo“. Se la generazione Y ha imparato ad adattarsi e a convivere con la rivoluzione tecnologica, la generazione Z, della tecnologia è figlia naturale.
Continuità o distacco dalle generazioni precedenti?
Se la generazione Y si è formata in un contesto, così dannatamente darwiniano, la generazione Z nasce e cresce in uno scenario orwelliano all’inverosimile. Ciò considerato, non è assurdo estrapolare un’analisi storico-filosofica e geo-politica dalle innumerevoli definizioni citate. È da esse che bisogna partire per comprendere la generazione Z. In questo senso va sicuramente letta la definizione di Homeland Generation. Una generazione destinata a restare a casa, meno incline ad andare in giro per il mondo. Questo è dovuto al fatto che gli appartenenti a questa generazione sono nati tra gli anni Novanta e la prima decade dei Duemila, in un contesto di paura e sfiducia, causato da eventi storici, come l’attacco alle Torri Gemelle e da contingenze economiche, come la crisi finanziaria che dal 2007 ha colpito tutto il mondo.
Dalla Zeta alla Alfa – tutte le definizioni
Come detto gli epiteti si sprecano e sono legati alle svariate visioni di questa generazione. Se parliamo di post-millennials introduciamo un ragionamento cronologico e in questo senso la generazione Z è intesa come prosecuzione della precedente. Come a dire Y= adattamento alla tecnologia, Z= assuefazione. E l’uso dell’ultima lettera dell’alfabeto sottende una visione decadente di fine millennio. La definizione di iGeneration è totalmente incentrata sulla dimensione tecnologica della vita quotidiana. La generazione che legge libri e giornali sul tablet, guarda film su Netflix più che alla TV e si relaziona su piattaforme Social. È ovviamente questa la direzione in cui va l’appellativo, complementare, di Linksters.
Infine, in un percorso alfabetico a ritroso, analizziamo la definizione Generazione Alfa. La lettera Alfa indica ovviamente l’inizio del nuovo millennio e dunque una visione progressiva. Deanne Yamamoto, nel testo Gen Blend … But not Blending in, nota che questa generazione è e sarà completamente diversa rispetto alle precedenti perché ha visto e vissuto eventi e conquiste sociali recenti. Per le generazioni precedenti, le relazioni interraziali, i matrimoni gay, l’utilizzo degli smartphone sono state un punto d’arrivo, una realtà alla quale si sono adattati. Viceversa per la generazione Z si tratta di una quotidianità che vivono fin dall’infanzia.
Generazione visual
Le ricerche di settore ci dicono che i giovani della Generazione Z utilizzano in media cinque dispositivi (contro i 3 della generazione Y): desktop, smartphone, notebook, TV e tablet. Prediligono chiaramente la dimensione visuale rispetto a quella testuale e manifestano una soglia media di attenzione pari a 8 secondi. Eviteremo ovviamente la questione degna dell’enigma dell’uovo e della gallina, se sia l’attenzione bassa a determinare questa scelta o viceversa. Ci limiteremo adire che le aziende fanno leva proprio sul visual per coinvolgere i piccoli potenziali consumatori. Rispetto alla generazione Y considera Facebook roba da vecchi e lo hanno abbandonato a favore di Instagram, più veloce e immediato, volto alle immagini più che alle parole. Inoltre la generazione Z preferisce comunicare su Snapchat, che autoelimina i messaggi dopo alcuni secondi, per tutelare maggiormente la loro privacy.
E-learning e community virtuali
Un’altra caratteristica dei post-millennials è la partecipazione alle community, reali e virtuali. E proprio i gruppi virtuali sono i più diffusi, perché fondati sulle passioni e sugli interessi condivisi, piuttosto che sull’estrazione economica o educativa. Molti di loro fanno parte di più gruppi e in misura maggiore rispetto alle vecchie generazioni. Proprio a sottolineare l’importanza del gruppo, va sottolineato come gli appartenenti alla generazione Z siano sostenitori del dialogo e delle differenze di opinione. La maggior parte di loro crede che attraverso il dialogo, anche con le istituzioni e con le generazioni più mature si possa costruire un mondo migliore. Infine l’ultimo topos di questa generazione è il pragmatismo. Per oltre il 65% dei post-millennials è fondamentale informarsi e formarsi. Una generazione dunque di self-learner, a suo agio con la formazione online più che con le tradizionali modalità di apprendimento.
Generazione Z – comprenderla per coinvolgerla
Crescere da nativi digitali non è facile, specie considerando il lato oscuro della tecnologia, ovvero le conseguenze sull’essere umano. Se infatti aumentano costantemente tra gli adolescenti le patologie neurologiche e le tendenze psicopatologiche, sarebbe opportuno chiedersi il perché e sarebbe altrettanto opportuno porre rimedio. Siamo però ben lungi dall’etichettare anche la generazione Z come fannulloni , dediti al culto dell’immagine e ai giochi online. Conviene piuttosto analizzare le strategie per spingere gli adolescenti, e non solo, di questa generazione a fare di più e meglio.
Potremmo concludere allora, dicendo che la parola d’ordine della generazione Z è coinvolgimento. Parliamo infatti di una generazione che è cresciuta e sta crescendo con un approccio pragmatico, soprattutto grazie alla disponibilità di informazioni. Sarà fondamentale insomma, riuscire a parlare la loro lingua.
Francesco Martini