Compie 82 anni l’allenatore più scomodo del campionato, una vita sulle panchine di mezza Italia senza peli sulla lingua.
Il pallone non è più una cosa seria, fossi un tifoso sciopererei. Io vado avanti perché il lavoro è cercare quello che ancora non si è trovato. Sogno un gioco bello e manovrato, senza fissazioni: questo in fondo è uno sport semplice.
Difensore roccioso, disputò vari campionati in Serie A ed in Serie B con la Roma, la Spal e soprattutto l’Ascoli, club in cui rimase nove anni lasciando un ottimo ricordo. La sua ultima stagione da calciatore, quella 1968-1969, fu anche la sua prima da allenatore, sempre ovviamente dei bianconeri; con cui Mazzone rimase dodici anni tra A, B e C1. Poi tre alla Fiorentina, due al Catanzaro, quattro al Lecce, tre al Cagliari, tre alla sua amatissima Roma, una al Napoli, una al Pescara ed una al Perugia. Nella sua carriera ha allenato anche Bologna (che nella stagione 2004-2005 è retrocesso ingiustamente in B ) e Brescia. In tutti questi anni ebbe il merito di rigenerare campioni come Giuseppe Signori, Francesco Totti e Roberto Baggio e Josep Guardiola, che grazie a lui hanno migliorato sensibilmente il loro gioco.
Il 7 febbraio 2006 è chiamato ad allenare il Livorno, 6° in Serie A, per sostituire il dimissionario Roberto Donadoni. Per un curioso scherzo del calendario, la sua prima partita da allenatore del Livorno è quella che vede opposta la sua squadra all’amato Ascoli. La sfida è terminata col punteggio di 0-0 e ha preceduto una serie di 8 sconfitte consecutive. Malgrado una piccola ripresa del Livorno nel finale di stagione, Mazzone ha concluso il rapporto con la società toscana alla fine della stagione. Il 18 marzo 2006, in occasione di Livorno-Juventus, ha eguagliato il record di presenze in panchina in serie A di Nereo Rocco e lo ha successivamente battuto.
Un curriculum che parla da solo, ma se ai fatti si aggiungono le parole, spesso schiette e oltremodo genuine, gli atteggiamenti sopra le righe, ma sempre motivati, ecco che si crea un mix esplosivo che fa di questo giovanotto del ’37 il più giovane e fresco personaggio del nostro martoriato calcio.
Mazzone ha avuto la forza di criticare Moggi e la Gea in tempi (non)sospetti ma di assoluta omertà, ha avuto l’ardire di percorrere 100 metri di corsa per andare sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta che offendevano sua madre rimediandone un’espulsione, ma a volte anche Aurenga può valere una messa.
Un episodio in particolare a me pare davvero paradigmatico; le dimissioni dalla panchina del Napoli nella breve parentesi partenopea del 1997; in un anno in cui la società partenopea ahimè viveva nel caos e cambiava quattro allenatori, Carlo Mazzone si dimise con una semplice telefonata rinunciando alle spettanze contrattuali, differentemente dagli altri tre colleghi che pretesero il soldo fino all’ultimo.
E che dire della sua amicizia con il fu Costantino Rozzi, il vecchio presidente dell’Ascoli che non c’è più. Era tecnico delle giovanili, quando il presidentissimo lo chiamò a guidare la prima squadra, dalla C alla A. È stato lui a farlo diventare allenatore e Carletto non perde occasione per elogiarlo, ricordando come ancora oggi i loro figli si frequentano, mentre colleghi vincenti e titolati cambiano squadra più velocemente degli indumenti intimi e non lesinano critiche a chi li foraggia riccamente.
Essere un signore non significa parlare un buon fiorentino, significa agire da uomo onorevole, dire le cose giuste, anche se nel modo sbagliato, andarsene senza sbattere la porta, ma chiuderla dolcemente. In un frangente come Calciopoli sarebbero stati questi gli uomini di cui avremmo avuto bisogno…
Nel 2009, in occasione della finale di Champions League, fu invitato alla partita da Josep Guardiola, allenatore del Barcellona e suo ex giocatore nel Brescia: Mazzone accettò volentieri dichiarando apertamente di tifare per la squadra spagnola. Guardiola, al termine della partita, dedicò la vittoria a Paolo Maldini, ritiratosi da poco, e proprio al suo maestro Carlo Mazzone, dicendosi orgoglioso di averlo avuto come tecnico, nonché di ispirarsi al suo credo calcistico.[10]
Terminata la carriera da allenatore, nel 2008 appare in un piccolo cameo interpretando sé stesso nel film L’allenatore nel pallone 2, in cui dialoga su di un treno con l’allenatore della Longobarda Oronzo Canà, personaggio cinematografico interpretato da Lino Banfi.
Auguri Mister.
Francesco Martini