Ce lo spiega il filosofo Soren Kierkegaard nell’opera “In vino veritas”.
Il vecchio, ad esempio, perde la memoria e la facoltà di immagazzinare dati recenti ma gli resta qualcosa di profetico e poetico, i ricordi. Il ragazzo, invece, ha una grande capacità di apprendere e una forte memoria ma ha pochi ricordi, avendo vissuto poco.
La memoria è la capacità del cervello di conservare le informazioni e va di “pari passo” con l’apprendimento. La memoria è dunque una facoltà intellettiva, è la capacità della mente di conservare le tracce del nostro vissuto. Ma è il ricordo che ci rende umani. Ricordare significa “richiamare in cuore”, ed è pertanto la possibilità di consultare il passato, di interrogarlo, non per abbandonarci alla nostalgia, ma per capire il presente e prenderci cura del futuro. Per tenere alta la consapevolezza di chi siamo, da dove veniamo e di dove abbiamo la possibilità di arrivare.
Un fatto della vita che sia ricordato, è già entrato nell’eternità, e non ha più alcun interesse temporale.
Soren Kierkegaard
Chi ricorda non è indifferente…