“Sfruttamento di territori e risorse umane per i grandi dominatori”: la farsa degli aiuti umanitari ai paesi poveri.
Art.1: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Art.2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.
Ma purtroppo, dall’avvento della globalizzazione, la schiavitù e lo sfruttamento esistono ancora per almeno 40 milioni di uomini, donne, bambini: schiavi e schiave. Sono le persone che cuciono i nostri abiti, che raccolgono cotone, minerali preziosi, frutta, verdura in tutto il mondo, Italia compresa. Sono schiavi perché subiscono violenza, controllo, minacce e non possono decidere liberamente della propria vita. Il fenomeno, chiamato schiavitù moderna, riguarda – appunto – circa 40 milioni di persone, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). I minori rappresentano il 25% del totale. Donne e bambine sono le più colpite, si parla del 71%.
La schiavitù moderna colpisce le persone più vulnerabili, povere, emarginate socialmente e lavorativamente. La condizione più diffusa di sfruttamento riguarda le persone costrette a lavorare per ripagare i debiti, contratti spesso a seguito di frodi: si tratta del 50% del totale.
E tutto questo perché? Perché i paesi più potenti, i “giganti del mondo” hanno bisogno di ancora più materie prime e manodopera a bassissimi costi per soddisfare il mercato mondiale creando quindi grandi divari economici tra le aziende colonizzatrici e i popoli sfruttati per necessità economiche.
In cifre assolute, il 58% delle persone schiave al mondo vivono tutte in 5 Paesi: India, Cina, Pakistan, Bangladesh, Uzbekistan. In termini percentuali, pare che il 4,4% della popolazione della Corea del Nord possa considerarsi in schiavitù. Anche in Mauritania si sta male. Ma incredibilmente nessuno dei 167 Paesi considerati dall’indice ne è completamente privo. C’è persino l’Italia, al 141° posto al mondo, dove si troverebbero 129.600 persone in stato di schiavitù. In tutta Europa 1,2 milioni di persone possono considerarsi schiave (Turchia e Macedonia hanno lo 0,6% della popolazione in condizione di schiavitù). I conflitti in Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen e Libia acutizzano il problema, con il flusso di migranti e di rifugiati. I continenti più problematici rimangono Asia e Africa. Ci sono sacche di schiavitù in Sudamerica, nei Balcani e nell’Est europeo.
Una delle forme più conosciute di sfruttamento sin dal passato è lo sfruttamento del lavoro minorile. Nel mondo sono più di 150 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica e li condannano ad una vita senza svago né istruzione.
Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in quanto sottoprodotto della povertà. Tuttavia, non mancano casi di bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
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«Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.» (Iqbal Masih)
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Secondo i dati dell’OIL, nel mondo 74 milioni di bambini sono impiegati in varie forme di lavoro pericoloso, come il lavoro in miniera, a contatto con sostanze chimiche e pesticidi agricoli o con macchinari pericolosi.
E’ il caso dei bambini impiegati nelle miniere in Cambogia, nelle piantagioni di tè nello Zimbabwe, o che fabbricano bracciali di vetro in India.
Tra le peggiori forme di lavoro minorile rientra anche il lavoro di strada, ovvero l’impiego di tutti qui bambini che cercano di sopravvivere raccogliendo rifiuti da riciclare o vendendo cibo e bevande. Nella sola città di Dakar, capitale del Senegal, sono 8.000 i bambini che vivono come mendicanti.
La globalizzazione ha quindi portato un principio del liberismo selvaggio, per cui si va ad investire là dove è possibile abbattere i costi di produzione e tenere alti i profitti e quindi dove i lavoratori non sono tutelati dal punto di vista sindacale e non godono, pertanto, di alcuna legislazione sociale; logica ineccepibile sul piano economico, ma aberrante su quello morale, poiché implica una sorta di mercificazione della persona che riduce il lavoratore ad “una merce usa e getta”. Tutto ciò avviene, dunque nel quadro di un neocolonialismo economico che ripristina le relazioni commerciali diseguali tipiche del colonialismo tradizionale senza la necessità dell’occupazione militare.
Negli anni 2000 sono nate tantissime associazioni che si battono per i diritti dei più poveri e dei bambini, cercano di coinvolgere governi sordi al richiamo di aiuto di queste nazioni, ma l’interesse economico dei capitalisti e degli stati, nuovi colonizzatori, è superiore a qualunque coinvolgimento emotivo e si cela dietro una tendina di umiltà e di continua ricerca della soluzione dei debiti dei paesi poveri; ma la realtà è che resta comodo l’indebitamento di questi paesi affinché restino la manovalanza sottopagata dei ricchi e producano ancora più ricchezza e materie prime che raggiungano i mercati europei ed americani.
I paesi poveri non hanno bisogno del nostro aiuto: hanno solo bisogno che smettiamo di impoverirli. Finché non prenderemo in considerazione i fattori strutturali che determinano la povertà nel mondo e gli sforzi per lo sviluppo continueranno a fallire, decennio dopo decennio. Continueremo a vedere aumentare il numero dei poveri e la frattura fra paesi ricchi e paesi poveri continuerà ad allargarsi.
Art.4: Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Michela Di Gennaro