Dallo scoppio della pandemia fino ad oggi siamo stati letteralmente tartassati dai numeri. Ogni giorno si valuta il numero dei positivi,
dei morti, dei guariti e dei tamponi effettuati. Pochi però, sottolineano il dato allarmante di altre percentuali, come ad esempio il 16,5% della popolazione italiana che durante la pandemia ha manifestato sintomi di depressione, percentuale che fra i più giovani sale al 34,7% più del doppio o il numero di persone che avverte disagi psicologici ovvero il 27,1%, ma arriva al 40,2% fra i giovani, dati che emergono dalla ricerca realizzata dalla Fondazione Italia in Salute e da Sociometrica. Sia in termini di quantità che di complessità, il prezzo che pagano e pagheranno i giovani è altissimo. Oltre agli effetti tangibili del Covid, quelli che abbiamo visto evidenziati nei numeri riportati su tutte le testate giornalistiche, ne esistono altri più nascosti, gli effetti “silenziosi” della pandemia, quelli più insidiosi che soprattutto tra i giovanissimi stanno provocando disturbi allarmanti.
Franco Giovannoni, responsabile della SSD, neuropsichiatra infantile, spiega che più che i bambini il vero problema ad oggi sono proprio gli adolescenti. Specifica che parlando di adolescenti ci si riferisce ad una fetta grossa, perché l’adolescenza si sa da dove inizia ma non si sa dove finisce. Uno dei primi disturbi evidenziati è quello alimentare, problema esploso in tutta Italia e in Europa. Chi già in situazioni normali ha disturbi alimentari (anoressia o bulimia), ancora di più tenderà a controllare le proprie ansie relative al Covid 19, avendo “sotto controllo” il cibo. Preoccupanti sono anche quegli adolescenti che si sono chiusi in loro stessi all’interno delle loro camere, da cui non vogliono più uscire.
Per quanto riguarda la socialità ridotta a zero a causa di mesi di scuola in DAD e chiusura di palestre e centri sportivi, secondo la psicologa e psicoterapeuta Margherita Torrini, gli adolescenti e tutta la fascia dell’età evolutiva stanno risentendo moltissimo di questa situazione emergenziale e stanno aumentando le richieste di aiuto specialistico a causa delle difficoltà provocate dall’assenza di relazioni interpersonali e di routine. I ragazzi stanno subendo fortemente anche il peso dell’instabilità economica e politica di questo periodo storico, la stessa emergenza che inizialmente li aveva fatti sentire tutti più vicini ed uniti a lottare contro uno stesso nemico invisibile, a lungo andare ha creato un senso di destabilizzazione e la cognizione di essere stati depredati del loro presente e soprattutto del futuro.
I ragazzi cominciano a prendere coscienza del fatto che non “andrà tutto bene” solo perché è scritto su un lenzuolo fuori ad un balcone, ma che bisogna avere i mezzi adeguati a disposizione per sentirsi tutti nuovamente in sicurezza. Uno studio scientifico e un’indagine statistica condotta dal Centro Nazionale Studi e Ricerche sul Diritto delle Famiglie e dei Minori e dall’associazione Psichiatri e Psicologi per i Minorenni hanno messo in risalto i devastanti risvolti del distanziamento sociale e della didattica a distanza sulle relazioni familiari e sulla psiche di bambini e adolescenti. Il primo studio a carattere scientifico condotto sul tema in oggetto, ha sottolineato la drammatica situazione di incrinamento dei rapporti familiari ed un aggravamento dei disagi e delle fragilità personali, soprattutto a danno dei soggetti più deboli. L’aumento di episodi di violenza e di atti autolesionistici posti in essere all’interno dei contesti familiari, soprattutto da parte di minorenni, è il risultato di un black out esistenziale ed emotivo, conseguenza degli effetti indiretti della pandemia. Il timore per la propria salute e per quella dei propri cari, la diminuzione dell’autostima a causa della perdita dei punti di riferimento, le convivenze forzate, prolungate e ininterrotte all’interno dello stesso habitat, il bombardamento mediatico sul tema del Covid e soprattutto l’utilizzo distorto e inappropriato della rete e dei social, hanno letteralmente devastato gli equilibri familiari e la mente del singolo individuo. Ne emerge un quadro drammatico fatto di violenza, depressione e isolamento.
Un fenomeno che in séguito alla pandemia ha raggiunto numeri preoccupanti anche in Europa e in Italia è quello degli “Hikikomori” dal termine giapponese “stare in disparte”. Si riferisce a coloro che si isolano dal mondo sociale, autorecludendosi nella propria abitazione e tagliando ogni contatto diretto con l’esterno. In Giappone ha assunto dimensioni preoccupanti con oltre 500.000 casi accertati, ma i numeri sono in crescita anche nel nostro paese dove si stimano centinaia di migliaia di casi. Un altro risvolto del disorientamento che stanno vivendo i ragazzi al tempo del Covid è la dipendenza da alcol e in Italia la SIA (Società italiana di Alcologia) calcola che nei mesi della pandemia i soggetti a rischio dipendenza dall’alcol abbiano raggiunto quota 10 milioni, un milione dei quali minorenni tra i 16 e i 17 anni. A proposito della scuola, da una recente indagine condotta da IPSOS per “Save the Children” che raccoglie testimonianze di studenti tra i 14 e i 18 anni, appare un quadro critico che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio dispersione scolastica. Si stima infatti che circa 34.000 studenti delle superiori, a causa delle assenze prolungate, rischiano di alimentare il fenomeno dell’abbandono scolastico. Il 28% degli intervistati afferma che dall’inizio del lock down c’è almeno un proprio compagno che ha smesso completamente di frequentare le lezioni, il 7% afferma che i compagni di scuola “dispersi” sono tre o più di tre e il 35% ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. La pandemia ha fatto emergere le fragilità delle nuove generazioni, tuttavia questa condizione di instabilità ha rafforzato in loro il desiderio di essere pionieri di un cambiamento positivo.
L’Unicef ha pubblicato lo scorso luglio “the future we want”, dove oltre duemila giovani tra i 15 e i 19 anni hanno messo per iscritto le loro raccomandazioni per un mondo post-Covid. I risultati dicono che i ragazzi sono preoccupati per il benessere economico e la salute, ma positivi sulle relazioni sociali e sull’ambiente. Quasi 9 su 10 mettono al primo posto comportamenti da mantenere dopo la pandemia, che prevedono maggior rispetto verso l’ambiente e rivendicano l’importanza delle relazioni umane, proponendo per il futuro un serio impegno nella lotta all’hate-speech. Queste dichiarazioni e i buoni propositi, ci rendono fiduciosi che la generazione dei nostri ragazzi, in passato bistrattata e stigmatizzata, possa essere d’esempio per la “vecchia guardia”, dimostrando maggior riguardo verso un mondo che verrà consegnato loro gravemente ammalato, per le cui cure sembra si stiano già preparando. I danni che tutto questo causerà agli adulti del prossimo futuro non si possono né prevedere e né scongiurare, i cosiddetti “effetti collaterali” potrebbero anche emergere a lungo termine, ma se è vero che le prove cui la vita ci sottopone rendono più forti, ci fa ben sperare che la nuova generazione avrà una grande capacità di resilienza.
Dalila Possente