Tecniche immaginative e scrittura creativa come strumenti per favorire la conoscenza e la libera espressione di sé.
Scrivere significa entrare in un processo di trasformazione, un processo in cui prendono forma e voce le diverse parti di noi, soprattutto quelle che di solito restano in ombra, che non vogliamo vedere. Entrare in un processo creativo significa liberare l’anima, la pancia, il cuore, la mente e lasciare che l’energia trattenuta ci porti dove vuole, lasciare che il corpo trovi la sua strada per stare in quello che c’è e rigenerarsi.
Molto spesso, le tecniche immaginative, accompagnate alla scrittura creativa ,vengono utilizzate in un percorso di consapevolezza del sé. La creatività ci mette in forte relazione con la parte più recondita di noi. Tuttavia, entrare in un processo creativo non è così semplice come potremmo pensare, poiché una parte di noi vuole controllare l’esperienza. Tra noi e il mondo c’è una sorta di barriera fatta di giudizi, di conclusioni e fissazioni mentali, attraverso cui noi selezioniamo cosa sentire e cosa no. Questa barriera è come un muscolo rigido, un muscolo che possiamo imparare ad allentare.
Possiamo rassicurare noi stessi dicendoci che va benissimo vivere anche senza avere tutto sotto controllo, che possiamo sentire senza morirne. E l’immaginazione e la creatività favoriscono la capacità di lasciar andare. L’arte dello scrivere è l’arte dell’immaginare senza inventare nulla, di scrivere una storia reale, per quanto fantastica possa essere. Un espediente straordinario per liberarci delle nostre invenzioni consiste nel tornare a ciò che stiamo vivendo nel corpo. Il corpo, infatti, non fugge all’evidenza, non racconta una storia fittizia, il corpo parla sempre di noi, di quello che stiamo sentendo: i nostri piedi, le nostre mani, l’espressione, la colonna vertebrale, le braccia, le mani, i gesti; il corpo parla di quello che siamo. Un altro passo decisivo sta nell’osare a esprimersi senza troppa preoccupazione che il contenuto abbia un senso compiuto. Il salto dall’ascolto corporeo all’azione espressiva richiede un abbandono, una sorta di “smarrimento” della nostra parte razionale, per lasciare scorrere l’esperienza accettando di non sapere dove questa ci porterà.
È un vero e proprio salto nel buio. Ci sono diverse tecniche ed esercizi che possono aiutarci a fare questo salto, a eludere cioè il nostro narcisismo e a entrare nel processo creativo. Di fatto, una volta entrati nel processo si ha la sensazione di proseguire naturalmente, come se qualcosa di noi agisse senza neanche più chiedersi del senso dell’agire. Una volta sbloccata l’energia emotiva, superate le censure che ci impediscono di entrare nel processo, il nostro corpo inizia ad attivarsi, a reagire. Quando ciò accade, si genera una particolare alchimia, per cui i sensi, le percezioni, l’immaginazione, le emozioni, i ricordi e i pensieri iniziano a fondersi, a integrarsi e a fluire come un tutt’uno. In questo stato la nostra capacità d’espressione diventa molto più ricca e intensa, per cui iniziamo facilmente a immaginare situazioni, persone, a rivivere ricordi e a dar voce ai nostri personaggi interiori.
Da un punto di vista terapeutico il processo creativo coincide con il processo trasformativo. L’anello di congiunzione tra l’arte e la terapia è sempre lo stesso: quello che siamo, quello che stiamo vivendo, la nostra condizione presente. L’arte non è invenzione, ma un modo per parlare di noi, della nostra storia, della nostra vita. Possiamo dunque portare la nostra esperienza di vita all’interno di un’azione espressiva: usare il materiale dei nostri conflitti per creare situazioni, dialoghi, prendere contatto con parti di noi che possono essere interessanti da sviluppare, come l’ironia, l’aggressività, la dolcezza, ecc., ci permette di tirare fuori “la voce” proprio là dove di solito rimaniamo silenziosi e di superare quelle inibizioni che ci ostacolano e ci limitano.
Spesso nella vita cerchiamo delle soluzioni usando solo la mente. Attraverso di essa noi vogliamo capire di cosa abbiamo bisogno, e, in questo modo, restiamo esattamente dove siamo, vincolati ai soliti “drammi”, ai soliti “perché” e alle situazioni che non mutano mai. Questo perché la mente, di per sé, non sa essere creativa. Attraverso l’intelletto noi siamo bravissimi a ricollegare eventi, situazioni e significati all’interno di una mappa spazio-temporale riconosciuta. Il rischio è quello di rimanere fedeli a uno schema di comportamenti rigido, che alla fin fine uccide la nostra vitalità e preclude la nostra capacità di evolverci in sintonia con le situazioni della vita. Il primo passo verso una libera espressione di sé nasce da un’esperienza in cui sentiamo la presenza del nostro corpo all’interno dell’ambiente, in mezzo alle persone, sentiamo tutto il nostro corpo sia da un punto di vista fisico che emotivo e iniziamo ad ascoltarlo lasciandolo libero di immaginare, di sentire, di muoversi e di reagire.
A cura della Dott.ssa Melania Voccia
Pedagogista Clinico, Counselor, Mediatrice Metodo Feuerstein