“Uno scrigno antico che custodisce una luce. Un ricordo da far vivere. Un amore lontano nel tempo e nella distanza.
Un’artista di raro talento, soprattutto, che possiede tutte le maschere del teatro. Un testo che porta in sé le storie italiane del secolo scorso”. Con questa motivazione lo spettacolo “Il fiore che ti mando l’ho baciato”, interpretato da Annarita Vitolo per la regia di Antonio Grimaldi di Teatro Grimaldello, produzione Centro Studi Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo, ha vinto il Premio della Stampa nell’ambito della XVIII rassegna di teatro e danza “Voci dell’Anima 2020” al Teatro degli Atti di Rimini, che si è tenuta dal 29 settembre al 5 ottobre 2020. Grande soddisfazione è stata espressa dalla presidentessa del Centro Studi Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo, Antonia Lezza.
“Lo spettacolo nasce da una serie di circostanze: dalla mia curiosità verso le storie, le storie familiari, soprattutto, ma anche dall’interesse verso un evento importantissimo come il Centenario della Grande Guerra, al quale ho dedicato nell’anno accademico 2014/15, il corso di Letteratura italiana all’Università di Salerno, intitolato appunto ‘Storia, storie e testi. La Grande Guerra degli scrittori’. Attraverso diari, lettere, fotografie, volevo dimostrare come è possibile ricostruire la storia di persone, apparentemente comuni, che assumono poi un valore universale, diventando dei personaggi, come Stamura e Francesco, gli autori del carteggio da cui è nato lo spettacolo. Quando ho incominciato a leggere le lettere sono rimasta colpita dal loro valore, eleganti e sobrie, ricche di riferimenti letterari. Ho pensato di utilizzarle per una messinscena ma al reading ho preferito una vera e propria drammaturgia. Ne ho parlato con Anna Rita Vitolo, una mia ex allieva, studiosa appassionata di teatro, attrice ricca di talento, che a sua volta ha chiesto la collaborazione di un regista sensibile, capace e brillante come Antonio Grimaldi, con il quale aveva condiviso altre esperienze importanti, e di Elvira Buonocore”.
È nato così “Il Fiore che ti mando l’ho baciato”, un raffinato, toccante monologo, in cui la protagonista ricostruisce attraverso le lettere il racconto della sua sfortunata battaglia d’amore. Stamura, in abito bianco, da sposa, si muove sulla scena con garbata femminilità. Racconta di sé, di Francesco e spesso guarda con amorevole sguardo materno Lorenzo, che non è in scena. La donna è una maestra elementare, originaria di Orvieto, Francesco, un ufficiale medico, nativo di Carano di Sessa Aurunca; i due si sono conosciuti durante il servizio di Francesco presso la caserma di Orvieto e si sono innamorati perdutamente. Ma sono due amanti infelici perché, causa la guerra, non hanno avuto la possibilità di vivere serenamente la loro meravigliosa storia d’amore.